domenica 26 maggio 2013

CHUCK PALAHNIUK - Ninna Nanna

Riporto di seguito la recensione di Ninna Nanna di Chuck Palahniuk, pubblicata in QLibri.
Ne seguiranno altre e le pubblicherò sempre anche in questo blog (perché chi scrive, in fondo e in realtà, nasce sempre leggendo).


Il mondo di Carl Streator è popolato da streghe, manipolazione del pensiero, incantesimi di possessione, lotta tra il bene e il male e il dubbio se davvero questi siano così distinguibili tra loro.
Le vicende di quello che sembrerebbe il mondo parallelo nel quale tutti avremmo paura di inciampare, non è altro che lo sguardo allucinato su come le nostre vite siano davvero possedute e i demoni responsabili non sono altro che abili comunicatori.
Il Grande Fratello, l'onnipresenza dei media, la sensazione di essere seguiti, di essere spiati, manipolati: questa è la nostra vera fobia contemporanea, l'ossessione sottile che ci tiene svegli. Palahniuk traveste e colora i nostri incubi con atmosfere e personaggi ai limiti dell'assurdo - perché sembra volerci dire che una cosa è più distintamente riconoscibile quando la si guarda attraverso una prospettiva straniante - trasmettendo questa ossessione per tutto il corso della lettura. La caccia alle streghe, la caccia a tutti coloro che usano la menzogna e il travisamento della verità (vero tema del libro); il timore di non sapere di chi possiamo fidarci (e di noi stessi?); la sete di controllo; il potere di vita e di morte sugli altri che confonde le vittime con gli aguzzini; l'indagine sul sentimento dell'amore, che rimane l'incantesimo più difficile da decifrare.
Più che un thriller, preparatevi a un racconto disturbante sulle vostre paure, anzi sulla paura più grande di tutte: che il nostro mondo sia davvero questo.

martedì 14 maggio 2013

La danza

"Ehi". Non mi riesce mai. Alla fine la voce mi abbandona dopo un verso sordo e mozzo.
Continuo a stare in piedi e aspetto. Non voglio appoggiarmi da nessuna parte. Il mio interlocutore è ancora soltanto una schiena.
Devo rimediare al volo. Ci riesco con un tono medio e sereno nella frase successiva:
"Come stai?".
Un fracasso improvviso di plastica e metallo mi risponde prima di lui.
"Il solito". 
Ultimamente armeggia con vecchi computer. Dice di sistemarli per gli amici. Nel senso che li sistema nel suo garage. Si tira su e mi viene incontro. I nostri occhi si incontrano sbrigativi. Mi sposta i capelli.
"Scusa, c'avevi una cosa".
"Ah. Grazie". Dopo la battaglia, lo sconfitto ha già la sua rivincita. Le sue ferite non ci ricordano il perché le avesse meritate. Improvvisamente rendono solo più urgente una cura.

Mi accorgo che non ricordo se indosso le scarpe. Mi guardo i piedi.
Forse queste mie pause sono opprimenti, forse dovrei dire qualcosa. Me lo dicono le sue spalle insieme agli occhi avviliti, che adesso pianta nei miei. Inizia a fare un movimento con la mano nell'aria. E' un po' rosso in volto; il segnale ufficiale delle sue scuse.
"Senti, per ieri...". Inizia il suo discorso e nel frattempo continua a raccogliere aria col palmo della mano davanti a me. Movimenti leggeri e cauti. Poi distende il braccio lungo il corpo. Riprende la parte più difficile del gioco retorico e di nuovo raccoglie delle grosse nuvole e me le porge. 
Rimango seria ancora un po' anche se so già dove andrà a parare. Attendo che si concluda l'atto, che si prosciughino le nuvole e che torni l'azzurro perché alla fine torna sempre. (Ecco, è il momento).
Inizio a sorridere. Me lo sento arrivare dalla gola: è l'incapacità di andare oltre. L'emozione torna su, ancora e ancora una volta. Sorrido talmente tanto che credono lo stiano facendo anche gli occhi perché li sento più grandi e senza controllo. Ho perso definitivamente, ma questo me lo dirò da sola più avanti. Ora è troppo tardi, dobbiamo abbracciarci, è d'obbligo.
"Scusa" mi dice.
All'alba i due eserciti raccolgono i propri cadaveri. Qualcuno guarda il cielo perché il sole tramonterà ancora.
Lui ora riassume tutta la faccenda e sembra tutto stranamente, assurdamente chiaro.
Il fatto che riesca a tenere tutto in ordine nella sua testa, mi è sempre piaciuto.
Cazzo è intelligente. Che ci fa con me? Si è interrotto. Oddio avrà appena detto una cosa che avrei dovuto ascoltare e l'ho persa. Oddio lo ha capito, mi sta parlando: "Ma che fai?".
Mi accorgo che mi sta guardando le mani. Lo faccio anch'io e capisco, sollevata, il motivo.
"Mi sono lavata le mani e mi è rimasto del sapone incastrato".
Mi prende la mano e se la porta al naso. Non per vedere che il mio anello è impiastricciato, ma per sentire il profumo. 
"Mughetto?"
"Sì. Ti piace?"
"Parecchio".


giovedì 9 maggio 2013

Saluti

Ciao zia, ci siamo conosciute troppo tardi.
I parenti te li ritrovi per sangue, li vedi poco e spesso alcuni sono persone con cui non condividi nulla.
Con te c'è stato, seppure brevemente, quel sorriso che anticipa future intese.
Ne ho assaporato il primo calore, come si fa in questo periodo dell'anno con l'estate ( e già ti immagini in costume).
Credo che ti penserò spesso, penserò che ho incrociato la vita di una persona sempre di corsa e radiosa, una scheggia indaffarata.