domenica 28 aprile 2013

Crema come una volta

I rumori esterni aiutano a definire meglio la mia solitudine.
Il sassofono di un disco è il sottofondo al mio pensiero dell'addio, del nostro, di quello che avverrà a breve.
Misuro le ore spiando le ombre sulla parete. Uscire certi giorni, richiede molto coraggio.
Oggi starò qui.
Ripasso le mie abitudini ripiegando i miei vestiti, ripensando a come li indosso solitamente.
A quantificare la mia persona con tutte le cose che ho fatto
con tutte quelle che non ho fatto
quelle che ho appena assaporato
Le cose che non ho iniziato neanche a capire
le rinunce
le lasciate perse.
Ma se certe cose uno non le fa, non vorrà dire che semplicemente non le vuole fare o non fanno parte di lui?
Ma allora cos'è che fa parte di me? Cosa mi definisce?
Il partire?
L'andare? Il saper disporre biancheria in una valigia, forse.
Cosa sono capace a fare?
Tutto e niente,
un caffè e l'oceano intero.
Oggi starò qui a fare caffè, a fare oceani interi, a disfarli e a farne goccioline da conservare in un barattolo sopra il comodino.
Un cimelio della mia vita breve, già così piena di pensieri diversi, così tanto diversi, così assurdi
Ma sarà la noia?
Sarà la vanità? così debole e opportunamente indifesa
Come un'attrice dopo il trionfo aspetto i miei fiori col trucco sfatto
nel camerino a luce spenta, in attesa della scena.



"Sì è un monologo, ma volevo qualcosa di più trionfale, forse solenne".
"Trionfale?"
"Sì. Questo è deprimente, abbi pazienza". Butta il foglio sul tavolo.
"Ma lei E' depressa, quindi è deprimente".
"Sì ma non è triste.Capisci? la differenza tra triste e deprimente?"
Tra stronzo e coglione? "Ma è vero, è davvero sentito, non sono mai stata così sincera in vita mia. Cioè se io fossi lei direi queste cose"
"Ecco, fa' il piacere, sii qualcun altro".
Ha esagerato e scuote un po' la testa. In fondo mi ha scelto lui per questo lavoro. E ora. Bambina che mi combini?
Provo la diplomazia "sapresti dirmi almeno gli aspetti che non ti piacciono, esattamente? Il tono?"
"C'è troppo compiacimento, troppo oddio guardatemi, la poverina abbandonata"
"Beh, il senso è quello, la tizia è stata abbandonata, però senza oddio guardatemi!"
"No! no, non va bene. Tieni, ti richiamo in settimana. Devo vedere anche gli altri, cerca di lavorarci di più, portatelo a casa".

E' passata una settimana dall'ultima seduta nello studio triste. Non credo ci tornerò anche perché confrontarmi con persone adulte in questo periodo non mi va proprio benissimo. Poi quando le cose vanno male cedo all'iper-interpretazione: "ma quindi ho un conflitto con l'età adulta in generale? Col prendere coscienza che io non sono ancora ad...". Basta.
Ma devo tornarci. Forse lo farò per essere a posto con la coscienza, consapevole di perdere mentre sto perdendo e pagando pure per dirlo.
Non capiscono che se uno si perde non è nemmeno in grado di tenere tutti i fili del proprio discorso?
Devo trovarmi un lavoro serio. Un lavoro che mi rispetti! Che mi rispecchi!
Cosa davvero mi rispecchierebbe? Cosa c'è effettivamente da riflettere?
Cos'è un lavoro serio? Contratto regolare, un certo orario.
Sapere che finito lì, esci e puoi fare altro, puoi permetterti un'uscita in più durante la settimana, la montagna l'inverno, il mare d'estate.
Quindi sei una vacanza pagata e basta?
Le merendine sembrano chiederti solo questo dall'alto del loro scaffale. Fare la spesa una volta ogni due giorni è uccidersi lentamente. Lo stillicidio del prendere due cose a pochi giorni di distanza, la goccia cinese.
"Carta punti?"
"No, non ce l'ho". Neanche la carta punti ho fatto più. L'illusione di avere il tempo per tutto finirà per consumare il tuo tempo effettivo, e mentre pensi a come fare una torta, cerchi la ricetta su internet, clicchi su un link divertente, accedi a facebook, ti scrive un'amica - piripì! (suono della chat): "oddio mi ha scritto lui ti rendi conto??!". Sì, e sono le dieci di sera.

Dopo le dieci arriva la chiamata che mi aspettavo ma che ho continuato ad ignorare come si ignora l'aggiornamento dell'antivirus giorno dopo giorno: con silenziosa afflizione.
"Allora com'è andata? l'hanno preso?".
"No, non gli è piaciuto. Troppo egocentrico, non lo so, non riesco ancora a sentire lo stile dell'autore".
"Boh a me piaceva".
Le piace tutto. "Che fai?"
"Eh, niente, provo a scriverne un altro. Prima mangio però"
"Te pareva"
Rido. "Gelato?"
"Arrivo".



martedì 16 aprile 2013

E' sottile come un capello

Di notte sento rumori strani. Intorno sembra che le pareti si stiano per accartocciare.
Mi viene in mente il terremoto che arriva piano e va crescendo, come avesse il buon gusto di svegliarti gradualmente prima di farti secco.
E' buio ma ci vedo benissimo. Il crepitio della finestra al vento è una vecchia che vuole qualcosa da me, mi sgrida, ma non capisco quello che dice.
Strisciano le scarpe a terra. Ripassano il tragitto del giorno dopo. Le chiamo, ma mi ignorano. Ci rinuncio.
La testa si apre, il cervello si spappola e diventa grande quanto la stanza. La testa, immobile nel letto, è affossata nel cuscino, adesso è una delle tante sinapsi e le cose nella stanza scricchiolano, come scariche elettriche.
Accarezzo il cavo e raggiungo con le dita l'interruttore. Luce.
La luce mi ricompone il cervello.
Mi alzo e bevo un bicchiere d'acqua e intanto controllo che non ci siano crepe sul muro.
Sollevata non ne trovo nemmeno una e mi viene un gran mal di testa. Non riesco a prendere sonno.
Penso che di notte sento rumori strani. Prendo una penna e comincio a scrivere.
Di notte sento rumori strani. Intorno sembra che le pareti si stiano per accartocciare.
Mi viene in mente il terremoto che arriva piano e va crescendo, come avesse il buon gusto di svegliarti gradualmente prima di farti secco.
E' buio ma ci vedo benissimo. Il crepitio della finestra al vento è una vecchia che vuole qualcosa da me, mi sgrida, ma non capisco quello che dice.
Strisciano le scarpe a terra. Ripassano il tragitto del giorno dopo. Le chiamo, ma mi ignorano. Ci rinuncio.
La testa si apre, il cervello si spappola e diventa grande quanto la stanza. La testa, immobile nel letto, è affossata nel cuscino, adesso è una delle tante sinapsi e le cose nella stanza scricchiolano, come scariche elettriche.
Accarezzo il cavo e raggiungo con le dita l'interruttore. Luce.
La luce mi ricompone il cervello.
Mi alzo e bevo un bicchiere d'acqua e intanto controllo che non ci siano crepe sul muro.
Ce n'è una.
Piccola e scura, sottile.
Sembra un capello. Un capello sfalda il cemento?

E' tardi e mi faccio discorsi strani e domande sceme. Dovrei tornare a dormire, domani devo pure fare un sacco di cose, però non è possibile che mi sveglio per questi rumori. Dio, il mal di testa, rieccolo. (Camomilla? Camomilla.) 



 

martedì 9 aprile 2013

L'orologio

Mi porto dietro i bocconi del sogno di stanotte.
Ero in un posto affollato
qualcuno parlava davanti alla folla
io ero contenta.
Al risveglio invece ho il respiro affannato.
Mentre cammino per strada, vedo tutto ma non guardo niente e
mastico ancora quei pensieri.
Si inceppano con le sceneggiature ridicole dei manifesti pubblicitari, quei sorrisi, quella bella pelle, tutto quell'amore da catalogo coop. Mia nonna ci incartava le uova.
Non rimane niente. Sembro un'altra. Sono un'altra, ma sono sempre quella che ha fatto il sogno durante la notte appena passata.
Durante la giornata siamo le ombre vestite dei viaggiatori notturni
quelli che vanno da un'idea all'altra
verso mondi nuovi, nei cosiddetti sogni.
E se fossero veri.
E se il risveglio fosse tornare a dormire.
"Chi avrebbe il coraggio di non svegliarsi?"
"Come scusi?". Due battiti di ciglia e uno sguardo indefinibile sono la sua risposta alla mia domanda.
"No dico. Se in realtà la mattina quando pensiamo di svegliarci in realtà ci stiamo addormentando e stessimo vivendo vivendo un sogno? E se ne fossimo consapevoli e ci piacesse? Lei vorrebbe svegliarsi e tornare a dormire nel senso comune o vorrebbe continuare a vivere, ma a vivere in un sogno bellissimo?"
Dalla strada sale un odore di frittelle. Sono solo le 11 del mattino. Sono mele, mele fritte.
"Pensa spesso a questo sdoppiamento?"
Se penso spesso a questo sdoppiamento. "Il doppio mi ha sempre affascinata, ma non mi definirei una schizofrenica schizzata".
"Schizzata non rientra tra le definizioni...Vede, se lei..."
Schizzata non rientra tra le definizioni. Ecco ora fa un cappello introduttivo su un argomento.
Sembra difficile in realtà credo di aver capito, forse... Oddio ora fa un esempio. Quando una persona poco pratica cerca di fare un esempio, sta costruendo mattone su mattone una parete di incomunicabilità.
Ecco, ha finito l'ultima gettata. No.
Ancora una. L'ultimo mattone.
"Ha presente quando... ". Davanti ai miei occhi sale il muro, lui dietro è lontano lontano, sembra sia sotto, sembra mi parli da dentro una casetta di ovatta. Non voglio farlo uscire da lì. Ma chiudercelo dentro.

Faccio un'espressione di sorpresa improvvisa e inizio ad alzarmi.
"Mi scusi, credo che il nostro tempo stia finendo"
"Ha ragione". Controlla l'orologio. Lo controlla dopo che gliel'ho detto, quindi si fida. E' proprio cretino, e con un orologio. Un costoso orologio che sicuramente pesa e molto probabilmente gli tira i peli del polso. Non so perché la gente con le braccia pelose si ostini a portare orologi di questo tipo. Ora quel coso scintilla e mi guarda. Ruota il polso per mostrarlo meglio, ma non vuole farlo in maniera troppo evidente, me ne accorgo solo ora.  
Ciao, sono probabilmente costoso ma privo di ogni eleganza e mi piace guardare la faccia disgustata che hai adesso.
"Le piace?"
Oh, ecco qua.
"Eh?"
"No è che guardava l'orologio"
"Ah, sì...bello (graziosa e decisa, graziosa e decisa). Arrivederci allora.". La mia mano è salda sulla tracolla di pelle morbida. Questa borsa è stato un ottimo acquisto.
"Arrivederci".

Lo studio di questo tizio è triste. Lui è triste, come i suoi calzini e le mani della moglie che glieli ha appaiati stamattina, dopo averli ritirati asciutti dallo stendino aperto nel salone di casa. Quelle mani sono mani sicuramente tristi.
Tutto era già intuibile dalla sala d'attesa, il luogo che, insieme al bagno, rivela l'essenza di un luogo pubblico, perché rivela il vero livello della cura per la persona, di quanto ti considerano una persona.
Questo studio è triste. Colorato e triste perché manca di ogni traccia di un buon gusto di base che ho sempre pensato fosse in dotazione insieme al dna. Quando veniamo alla luce abbiamo una specie di marsupio con dentro un pacchetto contenente dna appunto, neuroni, buon senso, capacità di seguire un discorso per 2 minuti, saper trattenere un rutto e sapere come ci si soffia il naso senza allarmare la protezione civile (poi col tempo, va da sé che mi sono ricreduta - come penso tutti - su un sacco di queste cose, ma questo è davvero un altro file).
Le sedie e il tavolo di questo posto, il vaso di fiori, perfino le tende, rientrano in quello sforzo di coloro che non hanno gusto nel voler dimostrare agli altri - e a gran voce! - che lo hanno. E comprano cose brutte o stupide che tradiscono questo disperato tentativo di passare per amanti del design, di ogni linea pulita e perfetta, delle forme misteriose - quindi colte - o di quelle accoglienti - quindi accomodanti - mentre in realtà, si palesano gli squilibri del famoso pacchetto in dotazione. Qui qualcuno ti ha fottuto il marsupio, l'ho capito dal tuo bagno. 
Un lavandino di cui non si intuisce l'apertura del rubinetto per lavarsi le mani, mi fa solo capire che così non andremo da nessuna parte. Da nessuna altra parte se non all'inferno (e con le mani sporche).

L'ultima cosa di cui avevo bisogno era un orologio parlante indossato da una scimmia laureata. Con indosso una cravatta di cattivo gusto.